LA VOCE DEI LETTORI 

"LA FARFALLA SUL GHIACCIAIO" 

  

 
 
 
 

Caro Oreste,

torno a scriverti perché ho terminato la lettura del tuo “La farfalla sul ghiacciaio” e volevo esprimerti le mie impressioni.

A me è piaciuto tantissimo; anche qui il tuo stile molto coinvolgente ti trascina senza sosta dall’inizio alla fine non senza lasciarti delle “soste” di riflessione su alcuni passaggi che doverosamente mi sono evidenziato. Ho ritrovato nel tuo racconto molte considerazioni che credo tanti di noi abbiano provato in prima persona: ad esempio l’importanza dell’acqua e del cibo che, contrariamente a quel che ricerchiamo di solito a casa, apprezziamo molto più di manicaretti e bevande prelibate. Cibi poveri ma in montagna ci appaiono eccellenti oltre misura. Mi sono immedesimato nel tuo riposare dopo la fatica e ammirare il graduale tramonto del sole, tante volte avvenuto nel corso di una vita e troppo poco gustato come merita. La leggenda dei Corni Bruciati mi rammenta le tante storie tra il fantastico e il reale che venivano raccontate nei bei tempi andati attorno al focolare quando….non c’era la TV. La montagna che guarisce Sandro quasi una miracolosa acqua di Lourdes. La descrizione, fatta da chi ha visto in prima persona queste cose, delle spedizioni commerciali, di come coloro che vi si affidano guardino con sufficienza i pochi che, come Paolo e Marco, vogliono conquistare la vetta con le sole proprie forze. Ma sempre in questo ambito, la tua descrizione di cosa differenzia grandemente un 8000 dai monti di casa: una vita impossibile, un ambiente quasi extraterrestre; il prezzo che l’alpinista deve pagare in termini di paura, stenti, fatiche, freddo e incertezza sulla sua vita più che sulla riuscita della scalata. La riflessione di Saverio che, pur sapendo i pericoli che i due giovani Paolo e Marco si apprestavano ad affrontare, capisce che è ineluttabile, lui non può e non deve spingerli ad abbandonare l’impresa. Sarà l’effimera farfalla che appare sul ghiacciaio a far tornare indietro i ragazzi perché il suo volo in quell’ambiente che le è estraneo fa capire loro cosa hanno lasciato giù e quanto sia inutile la conquista del Dhaulagiri. I colloqui ed i progetti di Saverio con i figli lontani (anche io ho un figlio da 12 anni in USA) e come tutte le belle storie, la conclusione felice, almeno per Paolo e Marco, col loro ritorno da Saverio e con una nuova bottiglia da condividere guardando i monti di casa.

Probabilmente non avrò notato tante altre cose importanti e ho richiamato solo alcuni passi che mi hanno colpito ma ti assicuro che tutto il libro è stato veramente godibile.

Un saluto

 Giulio Balduccini

 

 

 

Ciao Oreste. Tutto ok? Che dire del tuo libro se non che è vero, intenso, emozionante, coinvolgente e come il grillo parlante di pinocchio ci aiuta a pensare al nostro andare in montagna, al come e al perché.... Che siano semplici cime alpine o montagna Himalayane. Il Saverio-Oreste mi ha portato a pensare al mio modo di andare per monti che anche io nel mio piccolo ho cambiato nel corso degli anni....  Sono sempre stato prudente e non ho mai avuto vergogna o paura di tornare indietro, anche a pochi metri da una cima, anzi.... ma ho avuto paura di andare avanti e allora ho trovato il coraggio di tornare indietro. Per me. Per la mia famiglia che mi aspetta. E ora che per monti ci vado con mio figlio legato in cordata o semplicemente in giro per sentieri ho iniziato a vedere come Saverio la bellezza di tutto ciò che attraverso e che vedo e che sento. Impagabili le nottate col sacco a pelo in cima alla Grignetta o al Due mani.... Vedendo e sentendo camosci, scoiattoli... Il vento, il tramonto, l'alba...  O andare in cima al Monte Rosa ma dopo magari essere tornato a casa la settimana prima perché ho ritenuto troppo rischioso andare avanti... O al Due Mani stesso, in questo strano inverno eccezionalmente nevoso... A dieci minuti dalla vetta ma "non sembrava che il manto nevoso fosse in condizioni" e di prenderci slavine o distacchi non mi sembrava il caso.... e anche lì allora salito con mio figlio la settimana dopo e.... dove siamo tornati indietro sette giorni prima c'era un distacco.... certo non del giorno stesso in cui sono tornato indietro ma... La montagna deve lasciare liberi, non costringere, altrimenti che passione è??? Grazie Oreste. Grazie.  

Jerry

 

 

Ciao Oreste.

                    Qualche giorno fa, ho terminato di leggere "La farfalla sul ghiacciaio", anzi, di rileggere, perché una volta sola non è bastato. Mi è sembrato letteralmente di camminare insieme a Saverio, di emozionarmi con lui, di arrabbiarmi con lui e anche di commuovermi insieme a lui. Con la mente sono ritornato sui sentieri di montagna, a tutte le emozioni provate e a quel senso di libertà che si prova quando sei tra i monti. E, al termine della lettura, mi è balenata nella mente una parola come riassunto: "essenzialità".

Non so perché mi è venuta in mente questa parola. Forse proprio perché nella vita di tutti i giorni non ci basta mai quello che abbiamo. Forse perché vogliamo sempre di più e non ci accontentiamo di quello che abbiamo, di quello che ci è stato donato.

Spesso ci ostiniamo a cercare le cose impossibili, invece basterebbe accorgerci di quello che ci circonda per sentirci realizzati.

Quante volte capita di essere insoddisfatti di quello che siamo, di invidiare l'uno o l'altro perché ha qualcosa che noi non abbiamo.

L'ambizione di avere tutto, magari a costo zero.

Ecco perché dell'essenziale, "invisibile agli occhi" come diceva Antoine de Saint-Exupéry nel "Il piccolo principe".

Non ci emozioniamo più per le cose che ci circondano, non ci lasciamo più stupire dal bello e tanto meno vogliamo fare la fatica per raggiungerlo. Perché devo faticare a raggiungere la cima di una montagna quando ho a disposizione un bus navetta, una funivia, un elicottero che mi portano fin lassù? E' la cosiddetta "montagna per tutti". Dopo ti ritrovi a camminare con persone che scivolano sui sentieri perché, al posto degli scarponi, indossano sandaletti. Oppure papà che imprecano perché non riescono ad andare avanti con la carrozzina in quanto il sentiero è pieno di sassi (dotarsi di uno zaino per trasportare i bambini?!?).

Non voglio impedire a nessuno di vivere la montagna, ma mi piacerebbe vederla amata, vissuta come si deve e, soprattutto, rispettata. Lasciamoci emozionare alla visione dei suoi fiori, dei suoi animali, dei suoi tramonti indimenticabili. Quando siamo in cima o alla meta prefissata, chiudiamo gli occhi, facciamo dei respiri profondi e ringraziamo Colui che ha reso possibile tutto questo. Ci sentiremo liberi e passerà anche la stanchezza del cammino.

Ma anche in piano, nella quotidianità, c'è bisogno di essenzialità. Soprattutto con i figli. E' faticoso fargli capire cosa è veramente importante nella vita, cosa è essenziale per diventare persone vere. Specialmente quando gli insegni certi valori che i loro compagni non condividono. E dispiace sentirsi dire, quando tornano a casa dopo un giorno di scuola o dopo una serata in compagnia, che si sentono confusi, spaesati perché non sono come i loro amici. E cerchi di spiegargli che non sono il telefonino o il tablet di ultima generazione a fare la differenza. Non è perché possiedono l'auto personale mentre voi usate quella del papà che li rende liberi. Cerco di aiutarli a capire che è nell'essenzialità delle cose la vera libertà. E' nello stupirsi che oggi è un giorno nuovo ed è diverso da ieri, che quello che ieri era solo un bocciolo oggi e un fiore stupendo, quello che ieri era chiuso in un bozzolo oggi è una bella farfalla.

Sì, una farfalla, magari anche rara, proprio come rari sono i miei e i nostri figli: fragili, che il vento porta lontano, ma meravigliosi.

A loro dico sempre di pensare prima con il cuore che con la testa: soltanto così saranno in grado di essere loro stessi e di affrontare le difficoltà di ogni giorno.

A questo proposito mi viene in mente una cosa che mi è accaduta quando ero ancora bambino, partecipando ad un incontro presso un grande salone (cosa che ho raccontato anche ai miei ragazzi). Sul soffitto di questo salone era dipinto lo stemma di un vescovo cremonese dove era raffigurato un albero pieno di frutti, con la particolarità che radici e parte bassa del tronco erano in campo azzurro, mentre le foglie e i frutti in campo marrone. Al che, noi ragazzini, abbiamo osservato che era sbagliato: l'albero andava girato. Il professore, invece, ci disse che non c'era alcun errore. Il vescovo l'aveva voluto proprio così, per indicare che l'albero siamo ognuno di noi e che dobbiamo essere ben piantati nel cielo per vedere i frutti sulla terra. Un po' come l'arco descritto nel libro.

Se non siamo radicati in Dio, ogni cosa che facciamo, pur grande possa essere, mancherà sempre di qualcosa. E avremo sempre bisogno di qualcosa di più, forse anche inutile, pur di sentirci realizzati e appagati. Ma non sarà mai quello che ci renderà veramente felici.

Grazie di cuore per le emozioni che mi hai permesso di vivere attraverso la lettura del tuo libro.

A presto.

              Paolo M.

 

 

Caro Oreste,

sono a scriverti questa mail dopo aver ultimato la lettura di “La farfalla sul ghiacciaio” per farti ancora una volta i miei complimenti; bellissimo anche questo tuo ultimo libro, profondo ed entusiasmante, a tratti nostalgico e in alcuni passaggi triste, ma con la sorpresa finale che fà tirare un sospiro di sollievo e ridona allegria. Divertente quando proseguendo nella lettura passo passo si scopre “diciamo così” una certa somiglianza tra Saverio e l’autore, tale cosa risulta alquanto divertente e piacevole ed allo stesso tempo permette in maniera indiretta di capire il tuo pensiero. Un libro che aiuta a riflettere, oserei direi fondamentale per chi ama la montagna e magari a queste cose non ci pensa, perché purtroppo molti incidenti di montagna come spesso si sente non hanno il lieto fine come accade nel libro, e la colpa non è della montagna che è assassina come spesso ultimamente la definiscono i media, ma la colpa è dell’uomo che non sa (o non vuole) più ascoltare, e non sa più ascoltare nemmeno la montagna e la natura. Come fai intuire dal libro, la soluzione migliore rimane la libertà, ciascuno è libero di poter “andare” a scalare la propria montagna interiore, non ci possono essere divieti, perché qualcuno potrebbe dirti “sì, tu adesso parli così perché la tua montagna te la sei già scalata, ciò che volevi fare e sentivi la necessità di fare l’hai fatto” e quindi non è giusto imporre divieti, ma l’importante è l’aver ben chiaro che il saper rinunciare, a volte è la scelta migliore, anzi è il vero passo in più verso la scalata di se stessi, perché la montagna è sempre li e la rinuncia non è un fallimento ma una conquista; quindi risulta però fondamentale aprire gli occhi alla gente su questa cosa, quindi parlarne come stai facendo tu, e sperare nel buon senso di ciascuno. Questo valore è applicabile non solo nella montagna ma anche nella vita, anzi direi soprattutto nella vita, perché per me la salita di una montagna è metafora della vita. Inoltre la chiave di lettura, oserei dire che è anche un’altra e cioè che spesso in montagna ma sopratutto nella nostra vita, perché alla fine l’approccio con cui scaliamo una montagna è lo stesso con cui affrontiamo la nostra vita e spesso ci focalizziamo e fossilizziamo sulla meta, sulla cima, sull’obiettivo, trascurando la bellezza del percorso, del cammino, del viaggio o come si voglia definirlo; sì non gustiamo e assaporiamo il cammino, il mentre, il qui ora, e vorremmo già essere arrivati, siamo talmente concentrati nei nostri obiettivi da non guardarci attorno e accorgerci di una stella, di un fiore, di un fungo, del canto di un uccello, di una farfalla, dei segnali e avvertimenti che la natura ci dà, ma soprattutto di una persona, delle persone, della famiglia, dei figli. Come non parlare della frenesia di questa società industrializzata dove tutto è finalizzato al massimo rendimento da cui ci facciamo assuefare come automi, io in primis me ne sento coinvolto.

 Ti ringrazio

Un caloroso saluto e a presto.

Marco T.

 

 

Ciao Oreste,

ho appena terminato di leggere il tuo libro e non potevo non farti i complimenti come saranno stati in molti a farteli in quanto è bellissimo. Ho atteso quasi un mese perché arrivasse da IBS ma ne è valsa la pena, l'ho letto in un a battibaleno gustandomi capitolo su capitolo emozionandomi qualche volta.

E' un libro consigliato vivamente per tutti quelli che amano la montagna ma non solo per sfida alla vetta ma soprattutto per coloro che l'apprezzano e la vogliono conoscere in tutte le sue sfumature,  mettendo sempre al primo posto la prudenza usando la testa ma soprattutto la propria coscienza ed intelligenza. Ho apprezzato la descrizione minuziosa di Saverio nel raccontare i vari momenti della giornata in baita, dall'alba al tramonto e anche

dell'incontro con Paolo e Marco, la gioia nel consigliare loro prudenza e anche nell'apprezzare il loro modo di andare in montagna. La successiva amarezza nell'apprendere di quello che era accaduto al Dhaulagiri e all'immensa gioia nel riabbracciarli incredulo al loro ritorno. Quasi una rinascita! Mi sono veramente emozionato.

Spero che serva anche ad Andrea, come mi hai consigliato anche tu, pensa mi ha scritto che voleva andare a ciaspolare in una zona dove c'era rischio 4 di slavine, ma lui forse pensa che non ci siano problemi ... ci si può andare lo stesso ! Gli ho risposto che in montagna ci si può ritornare e che se si decide di non andarci, in quanto c'è momentaneamente una situazione di pericolo, non è una sconfitta ma una vittoria!

Non mi ha ancora risposto ... Spero che veda anche lui al più presto una farfalla e che lo faccia riflettere ...

Grazie ancora delle belle ore passate in lettura con il tuo libro.

Stammi bene

Ausonio

 

 

Carissimo Oreste Forno,

ho letto con tanto piacere anche “La farfalla sul ghiacciaio”. Mi sono accorta di essere partecipe e di condividere ciò che pensa Saverio, per le sue riflessioni piene di umanità, ma mi ha fatto venire il “magone” pensando, come lui, quando poteva fare passeggiate, camminate, osservazioni con i figli piccoli, mostrare loro tutto ciò che comporta la natura, e ti dico che mi è venuta tanta, tanta, ma tanta nostalgia.

Marina C.

 

Caro Oreste, ho finito in questo momento il tuo libro e volevo dirti “Bravo!” La tua scrittura mi piace e poi sai sempre toccare le corde del cuore! E con il cuore oggi proprio un po’ triste torno a dirti: “Bravo!”

Claudio B.

 

Caro Oreste,

tra un’uscita e l’altra … ieri sono riuscito a leggere La farfalla sul ghiacciaio.

Fortemente autobiografico, ho trovato la stesura poetica, lineare e animata dal desiderio di poter trasmettere il frutto di una ricerca passata attraverso la propria esperienza. Un tono sapienziale che non diviene mai saccenteria. Ho trovato interessante la domanda interiore dello stesso Saverio alla ricerca di un senso a tante morti in montagna: appassiona il lettore e lo coinvolge nella medesima ricerca. Mi è venuto in mente l’ultimo verso della famosa canzone di Bob Dylan Blowing in the wind – lì riferito alla guerra – How many death will it take till he knows, that too many people have died? Quanti morti ancora ci vorranno per capire che ne sono morti troppi? E non so se sia solo una questione di maggiore comunicazione o di un numero maggiore di frequentatori della montagna, ma effettivamente mi sembrano aumentate le disgrazie sui monti… Giunto alla fine del libro, ho sorriso perché il “succo” del volume è forse riassumibile nella frase che mio papà mi ripeteva fino alla nausea ricordando le sue “imprese” giovanili (e che noi ragazzi prendevamo con sufficienza e noia): “L’importante in montagna è saper rinunciare!”. L’invito però non mi sembra a mettere un freno all’incontro con la montagna ma a farlo con saggezza e intelligenza.

Grazie per questo bel testo!

Andrea

Ciao Oreste,

ti avevo scritto (e tu mi avevi pubblicato) le mie impressioni sulla morte in montagna, adesso ho letto il libro (da te autografato), prestatomi da un amico, Giuliano, che mi accompagna da 20 anni in montagna.

Un bel libro, per tanti aspetti, per chi come me ama la montagna e le sue vette ma sa anche che solo alcune potrà forse salirle, io mi sono fatto male abbastanza gravemente in montagna per una mia sopravvalutazione, ma continuo ad andare per monti e ho sempre la "sfida" nel cuore, anche se la sfida più grossa non è la " Nord dell'Eiger" (che voglio andare a vedere presto.......dal vivo, una mia fissazione), ma la vita di tutti i giorni "in pianura", sempre più difficile.

Delle storie del libro non dico nulla, leggetelo, la spesa è modica anche per tempi di crisi e poi......vale decisamente molto di più! 

Complimenti

Amedeo D.

 

Buongiorno, non mi conosce ma volevo ringraziarla per il bel libro che ha scritto e che ho appena finito di leggere: “La farfalla sul ghiacciaio”. Avevo già letto altri due suoi libri: “Guardiano di dighe” e “L’altra montagna” e anche questa volta quando, all’inizio del Tracciolino tornando da una passeggiata in val dei Ratti, ho letto il nuovo titolo ho subito deciso di prenderlo. E’ stata una lettura lenta, piacevolmente lenta, con spazi per riflettere così da permettere alle parole di lasciare un segno e riassaporare emozioni provate in precedenza.  Un ritmo molto simile all’andar per monti quando non si ha fretta di arrivare per non perdersi il bello o le sorprese che si incontrano lungo il percorso. Non sono mai stato un alpinista ma amo camminare in montagna e nel suo libro mi sono trovato in sintonia. Devo precisare che non sono incline a dialogare via internet o per messaggini e in precedenza non ho mai comunicato all’autore di un libro le mie riflessi

oni ma ho seguito il consiglio di mia moglie che me l’ha proposto ed è stato un buon consiglio. Volevo solo ringraziarla per le emozioni provate e spero di non averla disturbata .                    Luciano M.